POEME ROMÂNESTI ÎN LIMBI STRĂINE


Ion BARBU



Quale nimbo si addice alla tua fronte,
O Germania, all’altezza di tua spada?
Di qual mai Tebe o Ninive il meriggio
Mostrň tanto pensiero e tanta azione?

Privo di Mirto, di Nume, di Lira,
Appare ora il cantore estenuato.
I cui peani avevano evitato
Di cantare il tuo ardor giunto allo zenit.

Ma il Valacco leal s’arresta in sella
Sopra la tua corona di fortezze;
E come Ramung reca in se l’immagine
Di questa grande sua seconda terra

Comme Novalis, cantero i turingi
Colli smorzati nel dolce crepuscolo,
Della sfera infocata il sonno asconso
Nell’ipogeo, ed il Luneburg erboso.

Hannover lodero, che vibra quelle
Anfore secche, soprannaturali;
Le vergini con mani guaritrici
Diafane, come tazze preziose.

Ma sul tono piů sordo e misterioso
Della mia lira te canto, o Gottinga,
Eremo che del miele piamente
Colto per Riemann, dio barbuto, splendi.

Ma il tuo spiritual segno come chiaro
Oggi lo ha scritto, o Atena, l’imbianchino,
L’infamato, a una Sparta aspra  avvinghiandosi
Liberatore, come al tirso l’edera!

Quali arpeggi saran tanto maestosi
Da riempire lo spazio dell’oceano
Fino alle rupi erose di Norvegia,
Al germanico genio leggi e tavole?

Lo sappiam per lo spirito che vince
Nel secolo valacco inaridito
Sei stata un istmo e il nostro bucaneve
Nasce dal tuo idealismo scarmigliato.

Ed il germoglio tra tutti il piů puro,
Lui, l’inzio, colui che a noi è tutto.
Il santo Capitano, nel suo strato
Piů profondo ha forse anche sangue gotico.

Gloria a te, dunque, o Capitano Führer!
La Legione distende il suo tappeto,
Perché, muovendo da un’altra Alessandria,
Tu giunga fino a Dario ed al Re Poro.

Traducere din română de Claudio MUTTI



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