POEME ROMÂNESTI ÎN LIMBI STRĂINE

Echim VANCEA
1
rare volte il silenzio ubbida  lama di coltello./
i morti rare volte scendono ancora nell’acquatorrenta del tu
il danzo di farfalle esploda nelle mie artere
come fosse in una camera abbandonata la piove

– il freddo del coltello si tiene difficilmente in qualque
fragile parole ed il fiore del sole fa cambio
di posti con gli angelli languindo sotto il mucchio  di
foglie dell’autunno.

il capricio della notte d’ottobre ed i passi della grotta
devastata dal freddo d’una aspirina bayer si
scorre lentamente sulla margine stordida d’ un frustino
odorando a freni.
in mercati le identità hanno nevicato le parole ardendo
nelle code di scope come una guardia nel vuoto del momento
accompagnando le risposte  appena toccate dal vento.

2.
da un tempo i ragni stano vegliando
sotto le zocolle dei cavalli – si passano sulle
loro selle e s’ avvicinano a me
come una guardia in fuoco

partiti per comprare materiali termoisolanti-
qualche invitati a cena di mistero si sono smarriti
negli angoli delle stradelle aspettando un segno di luce
dalle lanterne addormentate furiose negli specchi
tu bolla di sapone sull’ esafodo dei fiori
dopo che hai guardato la figura di gessso del mano di  poeta

chi sei tu? tu chi sei? e qual’ ombra ti copre ancora
dopo che hai guardato il gesto furioso nello specchio
chi forse ceda ancora sotto la terra di questa terra rotonda?

3
l’ombra  si rovina dal lungo della stradella-
una fugitiva prova di lasciare  a casa i cavalli
ha fischiato nella memoria indiferente d’ un
postaglione affitato di mano in mano-

tutto è come fosse a nascosto-con le nascità e
patiboli e nessuna parola di risate e parole
se fosse stato così e se quaquno pùo rispondere

alcune volte passano ancora vicino
i cavalli  allontanati dall’ autunno
e  lo grido dei mercanti dei cavalli aspetta che lo frustino
acendre-come nessun’ altro-un fuoco al qualle nessuno
non possa rispondere per poter’ colpire in  parola

4
la prima luce di luna nuova-anche se
da un tempo nevica leggero-
un massacro di stagioni s’ affonda leggermente
nel pomeriggio sordo.

la luce rimbalza dai denti di lupo
e nessuno non
prova cambiare la signoria dell’età
la parola di passaggio
per la quale è possibile scappare
di quando in quando
una notte  tra le  palizzate...

e poi  gli azzi di sete hanno aperto
contra di me il fuoco su ginocchi
si accendono i colori della mattina e strati di
sussuri mi chiedono l’occhio
per una caccia di teste

la parola aspetta  calma sotto l’ erba  aspra
le domande dell’ occhio cieco
passando d’una assenza in altra.

5
nulla non pùo fermare l’ ombra ruginita e la pace
della prima nevicata-il nostro tramonto in quale si raccolgono
il grano e i pali di alta tensione si appassano  come
il fiore di cilegia e il suono della campanella-

e nessuno non parla della vita
di fuori  è impossibile evadare da zavar
a confine di foresta sulla qualle non si conosce che
impedisce cadere  indifferenti e con
desiderio di ricordi– la cinghia benchè soltanto
livide passeggia per il nostro sonno e del tutti
in una confessione pubblica

sulla pedana improvisata nella cime della montagna
la notte tace... oggi  il giuda io ho vissuto in questa casa

6
 (Echim Vancea , Din vol.  în curs de aparitie ,, Demult  si departe’’)
Traducere în limba italiană de    Livia Mărcan

 

 

 

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